90 anni fa terminavano le sperimentazioni Opel nel campo dei razzi
Novanta anni fa, il 30 Settembre 1929, finiva per Opel l’era dei razzi. Quel giorno, all’aeroporto di Rebstock di Francoforte, Fritz Von Opel, nipote del fondatore dell’omonima Casa automobilistica tedesca, aveva pilotato un aereo a razzi alla velocità di 150 km/h e messo la parola fine sulle sperimentazioni della Casa tedesca in questo campo.
L’avventura era iniziata due anni prima quando Max Valier, un astronomo sudtirolese che era anche pilota collaudatore e autore de “L’avanzata nello spazio”, avvicinò Fritz Von Opel cercando un sostegno economico per lo studio di un motore a razzi. Von Opel, che pilotava personalmente automobili da corsa e aeroplani, intuì il potenziale della tecnologia dei razzi, così come la pubblicità che ne sarebbe potuta derivare all’industria di famiglia. Da quel momento nella fabbrica di Rüsselsheim si cominciarono a studiare innovativi sistemi di propulsione, misurando la spinta di differenti tipi di razzi su banchi prova appositamente realizzati. La società Sander di Bremerhaven, specializzata nella progettazione e nella costruzione di razzi, consegnò loro una serie avanzatissimi razzi a carburante solido.
Nella Primavera del 1928 la Opel potè annunciare il debutto in pubblico dell’automobile a razzi RAK 1, cosa che avvenne l’11 Aprile anno sul circuito privato di prova della Casa tedesca, il primo impianto permanente tedesco in grado di ospitare corse e collaudi di automobili. In appena 8 secondi il veicolo raggiunse la velocità di 100 km/h prima di fermarsi. L’esibizione fu salutata come un nuovo trionfo tecnologico: dagli articoli dei giornali trapelava un grande entusiasmo per il futuro. I sogni di regolari viaggi in aereo verso l’America sembravano una possibilità concreta.
Il circuito di prova Opel non era però progettato per velocità superiori ai 140 km/h. Per il tentativo di record con il più avanzato e aerodinamico veicolo RAK 2, Fritz Von Opel decise di trasferirsi sul velocissimo circuito dell’Avus, nei pressi di Berlino, che aveva le caratteristiche giuste per presentare al pubblico l’innovativo sistema di propulsione Opel. Circa 3.000 ospiti in rappresentanza del mondo della finanza, dello sport, della scienza e della politica si radunarono nella tribuna nord prima dell’inizio della prova. Fra queste c’erano la stella cinema Lilian Harvey e il campione di pugilato Max Schmeling.
Il veicolo era ancora nascosto sotto un telone quando Johann Schütte, presidente della Società Scientifica per il Volo, si rivolse agli spettatori lodando il lavoro di Valier. A questo punto fu sollevato il telone e il RAK 2 fu spinto sulla linea di partenza dove furono montati i razzi e collegati i cavi di accensione. Il pubblico osservata ammirato l’automobile a razzi: aveva una slanciata carrozzeria di colore nero montata sul telaio di una Opel 10/40 HP ed era dotata di due grandi ali laterali rovesciate per compensare la portanza e impedire che il veicolo si sollevasse dall’asfalto. Spinto da 24 razzi, accesi da uno speciale dispositivo elettrico a pedale, che producevano una spinta da 6.000 kg, il RAK 2 era progettato per superare i 200 km/h, ma nessuno sapeva esattamente quale velocità avrebbe potuto raggiungere effettivamente.
Il ventinovenne Von Opel sedeva al volante con indosso un giubbetto e un paio di occhiali da aviatore “attraversato da sguardi preoccupati” e, come avrebbe ricordato in seguito “seduto su 120 kg di esplosivo, abbastanza per distruggere l’intero vicinato”.
Alla fine solo il leggendario pilota Opel, Carl Jörns, Valier e il costruttore di razzi Sander restarono accanto al pilota. «Sander mi strinse la mano» ricordò più avanti Von Opel. «Perché si comportava in modo cosi formale?». Lo capì presto. «Premo il pedale dell’accensione e sento i razzi ruggire alle mie spalle e spingermi in avanti. E’ una sensazione liberatoria. Premo nuovamente il pedale e poi ripeto l’operazione con furia, ancora una quarta volta. Coloro che sono ai miei lati spariscono tutti. Adesso vedo la strada allungarsi davanti a me come un nastro rosso. Premo a fondo rapidamente quattro volte: adesso sono spinto da otto razzi. L’accelerazione mi eccita. Smetto di pensare. Mi affido al solo istinto mentre una forza incontrollabile esplode dietro di me»
Alla fine della prova l’enorme velocità fece sollevare la parte anteriore dell’auto a razzi: le ali non erano angolate abbastanza per contrastare il sollevamento della vettura. Solo la pronta reazione dell’esperto pilota permise di tenere allineato il RAK 2 e di evitare una catastrofe. Lo spettacolo dura meno di tre minuti. Quando la notizia fa il giro del mondo Von Opel e la sua automobile a razzi fanno subito sensazione: nel corso della prova hanno raggiunto la velocità record di 238 km/h.
«Mi piacerebbe salire sull’auto a razzi insieme a Fritz Von Opel» confidò ad un reporter la stella del cinema Lilian Harvey. La stella americana del cinema muto Jackie Coogan si fece fotografare a bordo del RAK2. “A nessuno può sfuggire che siamo entrati in una nuova epoca” scrisse all’epoca la rivista specializzata tedesca “Das Motorrad”. “L’automobile a razzi realizzata da Opel potrebbe essere il primo passo concreto verso la conquista dello spazio”.
“Fritz il razzo” era diventato un eroe, ma aveva nuove sfide davanti a sè. Un mese dopo, nel Giugno del 1928, stabilì un nuovo record di velocità su binari nel corso di prova del veicolo RAK 3 su uno speciale tratto chiuso del tracciato nei pressi di Celle-Burgwedel. Poche settimane dopo, tentando di battere quel record, il veicolo RAK 4 rimase distrutto in una grande esplosione. Seguirono altre prove con motociclette a razzo che furono però proibite dalle autorità in quanto ritenute troppo pericolose.
Il tempo stringeva per il gruppo di lavoro. Nel mondo c’erano altre persone che sognavano di volare nello spazio. Due anni prima, nel 1926, l’americano Robert Goddard aveva lanciato con successo un missile a carburante liquido dalla fattoria della zia Effie, in Massachusetts. L’11 Giugno 1928, a poche settimane dal record di velocità stabilito da Von Opel con l’auto a razzi, il tedesco Friedrich Stamer volò su un aliante dotato di razzi: uno lo faceva accelerare sulla rampa di lancio e un altro lo teneva in aria. Il progetto era finanziato dalla Opel e i razzi forniti da Sander.
Il gruppo sperava di sviluppare un metodo che avrebbe consentito di lanciare alianti senza alcuna assistenza esterna. All’epoca infatti gli unici modi affidabili per decollare prevedevano il traino di un aereo oppure l’impiego di 8 uomini che per tirare indietro una banda gommata sulle guide di lancio. Dopo due tentativi, Stamer riuscì alla fine con l’aiuto di un dispositivo esterno di lancio a fare volare il suo aliante per 70 secondi, durante i quali percorse una distanza di circa 1,5 km. Nel corso del secondo volo il primo motore esplose facendo incendiare il velivolo. Stamer atterrò con successo, ma non effettuò altri tentativi.
A questo punto Von Opel e Sander decisero di abbandonare l’idea del aliante e di fare volare un aeroplano vero e proprio. Il problema era però trovare un aereo abbastanza robusto e sicuro da sopportare la propulsione a razzo. A tale scopo, scoraggiati dalla scarsa disponibilità di velivoli, cercarono invano di costruirne uno ed alla fine si associarono con Julius Hatry. «Dal 1927 al 1929 avevo lavorato su modelli di aeroplani a razzo e, dopo averli fatti volare con successo, decisi di costruirne uno che potesse trasportare un equipaggio» avrebbe ricordato in seguito Hatry in un’intervista. Sulle prime aveva rifiutato la proposta di Von Opel di unirsi a lui, ma poi, quando scoprì che il magnate dell’industria automobilistica stava trattando l’acquisto dei suoi aerei per adattarli ai razzi, Hatry tornò sui suoi passi.
Von Opel, Hatry e Sander effettuarono le prime prove il 10 Settembre 1929 in un campo nei pressi di Rüsselsheim alla presenza di pochi osservatori selezionati tra i quali un fotografo del quotidiano The New York Times. Avevano montato 100 razzi cilindrici, ognuno dei quali riempito con 90 kg di esplosivo, nella parte posteriore di un aereo di Hatry opportunamente modificato. Fu un completo fallimento: l’aereo rimase a terra e si incendiò.
Il problema, come scoprirono più avanti, consisteva nel lancio iniziale. Lo stesso giorno fecero pertanto un secondo tentativo utilizzando una normale banda gommata di lancio. Una volta in aria, a solo uno o due metri di altezza, Von Opel accese i razzi e salì a 1.400 metri. The New York Times pubblicò la foto nell’edizione di Domenica 6 Ottobre, ma gli aviatori dell’epoca non erano ancora riusciti a volare un “jet”, visto che l’aereo non aveva utilizzato razzi per il suo lancio.
In realtà, dopo aver apportato alcune modifiche, il 17 Settembre 1929 avevano effettuato in gran segreto un altro tentativo con Hatry a bordo del velivolo. L’esperimento funzionò: Hatry volò per circa 500 metri a un’altezza di 25 metri dal suolo con l’aiuto di due razzi catapulta che gli avevano dato una spinta di 700 kg.
Era sufficiente per un “cacciatore di media” come Von Opel per organizzare un altro evento pubblico, che si svolse il 30 Settembre 1929 all’aeroporto di Rebstock di Francoforte alla presenza di un folto pubblico e di una “troupe” di operatori cinematografici francesi. Per l’occasione avevano installato 16 razzi nella coda dell’aereo di Hatry. Accesero a mano uno per uno i razzi di lancio, ma questi si accesero troppo tardi per dare a Von Opel la spinta necessaria per sollevarsi da terra.
Dopo che la cosa si era ripetuta per una seconda volta, Sander calcolò che non si sarebbe potuto effettuare un terzo tentativo: aveva solo 11 razzi, ognuno dei quali aveva un tempo di combustione di circa 24 secondi e poteva assicurare una spinta di 24 kg. Hatry non voleva fare un terzo tentativo, ma Von Opel insistette.
Alla fine Sander e Hatry si misero d’accordo e Von Opel salì nuovamente a bordo. Questa volta l’aereo riuscì a partire e a volare per 80 secondi spinto dai razzi ad una velocità circa 150 km/h ed a una altezza di 25 metri dal suolo. Cominciava così l’epoca dei razzi.
Il fatto che sei razzi non si fossero accesi ed il carburante si fosse esaurito rapidamente costrinse Von Opel ad effettuare un atterraggio di emergenza. Nessuno restò ferito, ma l’aeroplano si distrusse. A Von Opel ed ai suoi questa cosa però non importava. “Il mio primo volo a razzo! Voi volete sapere le mie impressioni ed emozioni a 10 minuti dal volo, quando posso trattenere a malapena la mia gioia” scrisse in un articolo inviato negli Stati Uniti a The New York Times. “C’è qualcosa di magico nella possibilità di volare così, spinti da niente altro che la combustione dei gas che escono dal motore alla velocità di 800 km/h. Quando potremo imbrigliare tutta la potenza di questi gas? Quando potremo volare attorno al mondo in cinque ore? Oggi so perfettamente che quel momento arriverà e vedo già persone di tutto il mondo viaggiare così attraverso il pianeta. Vado verso questa visione come verso un sogno senza alcuna sensazione di spazio e di tempo: una macchina che vola quasi da sola. Sento solo la gioia inebriante di questo primo volo”.
I tre uomini si misero subito a progettare il prossimo aeroplano e il prossimo volo. Il mese seguente scoppiò però la grande crisi finanziaria che mandò in tilt la Germania e il mondo intero. Il sogno di Von Opel si concluse qui. Un articolo de The New York Times del 24 Dicembre 1929 scriveva che, arrivando negli Stati Uniti, il capo della Opel aveva dichiarato ai cronisti: «spero di vedere persone che per motivi di lavoro attraversano l’Atlantico a bordo di aerei a razzo».
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